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Mi piaci, non posso farci nulla

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Titolo: Mi piaci, non posso farci nulla
Fandom: Arashi + Kanjani8 
Pairing: AibaKura (Aiba/Ohkura)
Rating: pg-13
Disclaimer: I MIEI ICHIBAN MI APPARTENGONO, OK?? i personaggi non mi appartengono, con questo scritto non intendo offenderli in alcun modo
Note: un sentito ringraziamento a chi ha scelto sia Aiba che Ohkura per fare Mikeneko, perchè mi ha dato la scusa per mettere i miei ichiban insieme. 
Nella fic ci sono vari riferimenti a cose che Aiba e Ohkura hanno detto/fatto davvero: chi ha seguito jweb, programmi radio e promozioni varie li coglierà ^^




La gioia per aver ricevuto un’offerta per un ruolo in un drama era stata quasi subito sostituita dalla preoccupazione. Anche se forse non era il termine corretto... ansia. Sì, era ansioso.
Nonostante non fossero poi tanto più grandi di lui, e nonostante fossero amici di molti membri dei Kanjani8, gli Arashi restavano dei senpai importanti. Ohkura li ammirava per il loro talento e il loro lavoro sin da quando li aveva visti per la prima volta risplendere, lontani, sul palco. Con il tempo la distanza era diminuita, ma i cinque senpai brillavano sempre di più.
Non cambiava le cose il fatto che avesse sviluppato, tramite Maru, una sorta di amicizia con Ohno-kun, né che avesse lavorato con Nino in un film. Anzi, forse questo contribuiva a farglieli ammirare ancora di più.
L’idea di girare un drama, e di farlo con un membro degli Arashi, lo elettrizzava non poco, tuttavia... non aveva mai avuto un contatto diretto con Aiba-kun; negli anni era capitato che si incrociassero agli studi televisivi, ai vari Countdown o in agenzia, ma non si erano mai trovati da soli l’uno con l’altro.
“Che tipo è, Aiba-kun?”
Yoko lo aveva guardato con gli occhi tondeggianti, perplesso.
“Che domanda è? E’... è un tipo”
Ohkura si corrucciò “Non sei d’aiuto, Yokoyama-kun” insistette, anche se sapeva quanto quel tipo di domande non piacessero al collega.
“Oh, non ti devi preoccupare!” era intervenuto Murakami con il suo vocione, agitando le braccia “Aiba-chan è un tipo tranquillo, ti troverai benissimo con lui!”
E aveva concluso con un sorriso tutto canini che, Ohkura aveva deciso di interpretarlo così, doveva essere incoraggiante.

All’inizio fu strano.
Fecero gran parte della promozione iniziale per il drama quando avevano a malapena girato il primo episodio, e dalla TV si poteva vedere chiaramente quanto ancora fossero impacciati l’uno con l’altro.
Non che Aiba fosse una persona che metteva soggezione, anzi. Sorrideva sempre ed era gentile con tutti, lavorava con serietà ma al minimo errore tirava fuori quella sua risata e si scusava: avrebbe potuto sbagliare anche cento volte, nessuno si sarebbe arrabbiato con lui, Ohkura ne era certo. In pochi giorni di lavoro, aveva conquistato tutti.
Ohkura ne era affascinato, in un certo senso.
Tuttavia percepiva una sorta di distanza, tra loro. Un tipo di distanza che non aveva mai sentito con gli altri senpai.
Gli altri, da Higashiyama-san a Ninomiya, interagivano molto di più con lui: durante le pause gli si avvicinavano, facevano battute, gli chiedevano cosa pensasse di questo o di quell’altro, gli davano consigli... si comportavano da senpai, cercando di metterlo a suo agio. Invece lui e Aiba parlavano per lo più di cose legate al lavoro, e raramente il più grande parlava di propria iniziativa. Era sempre gentile, come lo era con tutti, ma distante.
Non sapeva se fosse un senpai particolarmente freddo e sulle sue, o un kohai molto timido.

Una sera, mentre era in macchina e stava tornando a casa, aveva acceso la radio, troppo indeciso sul CD da mettere; non l’ascoltava quasi mai, quindi non aveva idea di cosa ci fosse a quell’ora, e lasciò la prima stazione che si sentiva bene.
Frenò troppo bruscamente al semaforo quando dagli altoparlanti uscì una risata che in quei gironi sentiva molto spesso. Ricordando che Aiba aveva un programma alla radio lasciò il canale, sorridendo per la coincidenza.
“Allora, c’è una mail che chiede come stanno andando le riprese del drama... uhm...”
Ohkura continuò a guidare mentre sentiva il senpai dire come ogni giornata fosse divertente ed interessante, come stesse imparando tanto dai colleghi, e quanto la gatta fosse adorabile.
“Però... c’è una cosa per cui vorrei un consiglio dagli ascoltatori... riguarda Ohkura Tadayoshi-kun”
Drizzò le orecchie, allarmato. Che avesse fatto qualcosa? forse Aiba pensava che, dato che non parlava molto con lui, se la tirasse? Allora era per quello che non gli si era mai avvicinato...
“Ecco... non so di cosa parlargli!” lo sentì esclamare “Lo so che sono il senpai, che dovrei parlare con lui, farlo sentire a suo agio... no? Però non so mai come iniziare il discorso, me ne sto sempre sulle mie e finisco per non parlargli mai! Sono un pessimo senpai...”
Fortunatamente, il semaforo era rosso, perché Ohkura stava fissando la radio con gli occhi sbarrati.
“Vediamo...” disse un’altra voce, probabilmente l’altro presentatore “Ah! L’anno scorso ha fatto un servizio nudo su AnAn, vero? Puoi parlargli di quello!”
“Eeeeh?? E come dovrei iniziare? ‘Oh, sai, ho visto il tuo servizio su AnAn, stavi davvero bene!’”
“Sì, non è male!”
“Impossibile, impossibile! Sembrerei un maniaco!”

Dopo cambiarono argomento, ma Ohkura non stava più ascoltando. Aveva un gran sorriso sul volto e, inspiegabilmente, il cuore gli batteva più rapidamente.
Aiba Masaki era un senpai molto strano.

Si avvicinò al tavolo al quale Aiba era seduto da solo a mangiare il bento fornitogli dallo staff mentre controllava qualcosa sul cellulare; poggiò il proprio pranzo davanti a quello del senpai, facendogli sollevare lo sguardo.
“Posso?” chiese, indicando la sedia di fronte a quella di Aiba, dall’altro capo del tavolo. Quello annuì, senza dire una parola.
Cercando di sembrare perfettamente a suo agio si sedette e chinò la testa sul pranzo, ma riuscì comunque a vedere Aiba poggiare il cellulare, congiungere le mani per un po’, giocherellare con le dita, per poi cambiare idea e afferrare le bacchette.
“Mmh...” iniziò con voce tremolante; Ohkura alzò lo sguardo, e non appena incontrò quello di Aiba, questi spalancò gli occhi, iniziando a farli vagare per il camerino “E’... è proprio buono, eh? Questo polpo” e ne prese un pezzo, ficcandoselo in bocca rapidamente “E’ così morbido e-“
“Aiba-kun” lo interruppe “Posso chiederti una cosa?”
L’altro lo guardò stupido –forse anche un po’ grato del fatto che avesse interrotto il suo sproloquio sul polpo- e annuì.
“Qual è il tuo cibo preferito?”
Se possibile, gli occhi del senpai divennero ancora più tondi e grandi. Aveva sparato la prima domanda che gli era venuta in mente, e per un attimo temette che l’altro non avrebbe risposto ad una domanda così inutile. Invece, balbettò “Il... il mabo tofu...”
Sentì il volto distendersi in un sorriso.
Era fatta: aveva dato il via.
Passò il resto della pausa pranzo e delle pause successive a rivolgere al suo senpai quelle domande alle quali aveva dovuto rispondere per anni per vie delle riviste sugli idol: come fosse il suo appuntamento ideale, di che colore fossero le sue lenzuola, qual era la prima cosa che faceva quando tornava a casa. Gli chiese molte cose delle quali gli importava poco e nulla, ma non importava: Aiba rispondeva alle sue domande sciocche senza mostrare il minimo accenno di fastidio, sorrideva e rideva.
Finalmente, c’era stato un contatto.

A poco a poco, si ritrovò a testare la pazienza di quel senpai così gentile; iniziò con domande stupide, per poi passare a fargli piccoli scherzi quando era distratto o cercava di memorizzare le battute. E mai, nemmeno una volta, Aiba mostrò di essere infastidito dalle sue molestie.
Pensò di aver raggiunto il limite quando, durante una scena all’aperto, gli soffiò contro i petali di un tarasacco, ma subito il timore svanì, sostituito da un senso di calore, quando Aiba reagì tappandosi le orecchie, temendo di diventare sordo.
E’ come un bambino. si era ritrovato a pensare.
Eppure non era vero nemmeno quello, perché Aiba si mostrava incredibilmente maturo, con lui.
Dai piccoli scherzi era presto passato ad ossessionarlo chiedendogli di portarlo a mangiare fuori, e lui l’aveva accontentato.
Era arrivato addirittura a chiedergli di regalargli qualcosa di costoso per l’imminente compleanno –scoprendo che la parte del kohai viziato non gli veniva poi così difficile- ed era certo, che quella volta, Aiba non gli avrebbe dato corda.
Per questo, il 16 maggio, si permise di scherzarci ancora su –sì, era proprio portato per la parte del kohai viziato e capriccioso.
“Aiba-kun, allora, dov’è il mio regalo?”
Aiba aveva riso, quella risata strana e carinissima, e si era limitato a prenderlo per un braccio per fare le foto davanti alla torta di compleanno che lo staff aveva portato.
Rimase di sasso quando, alla fine della giornata, Aiba gli si era avvicinato e gli aveva dato un pacchetto quadrato.
“Eh?” disse, guardandolo incredulo “Stai scherzando?”
Rise di nuovo, come se non sapesse fare altro “Certo che no! Pensavi davvero che non ti avrei regalato nulla?”
Imbarazzato, aprì il pacchetto: conteneva un orologio da polso che, a giudicare dalla marca, doveva essergli costato non poco. Rimase a fissarlo imbambolato, e Aiba iniziò a parlare rapidamente “Ecco, non sapevo cosa prendere, poi ho pensato che hai 27 anni, sei un adulto e... ecco, gli orologi danno l’idea di persona adulta, no? Quindi...”
“Non posso accettarlo” riuscì a dire, alla fine.
Non poteva davvero: quell’orologio doveva essere carissimo e... non poteva.
“Eh? Non... non ti piace?” gli chiese il senpai, la preoccupazione dipinta sul volto.
“N-no. E’ bellissimo, ma...”
Aiba continuava a guardarlo, come se davvero non capisse dove fosse il problema. Scosse la testa.
“Non è nulla. Grazie infinite, senpai, lo custodirò con cura”
“Mh, di nulla!” fece agitando la mano davanti al volto “Ancora buon compleanno, Ohkura-kun”
Sorrise, e a Ohkura sembrò di avere di nuovo 17 anni, più che 27.

Dopo aver riletto e postato l’entrata per il Johnny’s web di quel giovedì, posò il cellulare sul tavolino e si abbandonò contro lo schienale del divano; avrebbe dovuto cercare di memorizzare le battute per il prossimo giorno di riprese, ma i buchi lasciati dai denti del giudizio appena estratti gli facevano troppo male e non gli permettevano di concentrarsi.
Aveva appena preso l’antidolorifico che il medico gli aveva prescritto, quando suonarono alla porta.
Credette che il dolore, o i farmaci che stava assumendo, gli avessero provocato delle allucinazioni, perché sulla porta di casa sua c’era un sorridente senpai con una busta di plastica in mano.
“Aiba-kun?”
“Il regista mi ha detto che oggi ti dovevano togliere i denti del giudizio, volevo sapere come stavi” spiegò con un sorriso.
Ohkura annuì facendosi da parte per farlo entrare in casa, conscio di essere leggermente arrossito.
“Come facevi a sapere il mio indirizzo?” chiese mentre chiudeva la porta.
“L’ho chiesto a Hina qualche ora fa... oh!” si immobilizzò in mezzo al salotto e si girò verso di lui, una mano davanti alla bocca “Non avrei dovuto? Piombare qui così... ti dà fastidio?”
Scosse la testa con un sorriso: non era normale che quella persona fosse davvero così. Era convinto che, nella realtà, non potesse essere fantastico come l’Aiba Masaki che si vedeva in TV, e invece... era ancora meglio.
E lui... lui non sapeva più...
Scosse di nuovo la testa con forza, e lo invitò a sedersi.
“Cosa c’è in quella busta?”
Aiba la poggiò sul tavolo davanti al divano, tirando fuori due cucchiai di plastica e quattro scatole “Gelato! Volevo portarti qualcosa da mangiare, e visto che per l’operazione non puoi mangiare niente di solido ho deciso per il gelato!”
“Ah. Non si può mangiare roba solida? In effetti il riso continuava ad entrarmi nei buchi, era fastidioso...” riflettè massaggiandosi una guancia dolorante. Aib alo guardò sorpreso.
“Eh? Il medico non te l’ha detto?”
Ripensò al post-operazione. Effettivamente, il medico gli aveva parlato per una decina buona di minuti, ma lui non lo aveva ascoltato, troppo preso dall’anestesia che iniziava a svanire e da una strana sonnolenza mista a fame.
“Oooops” fece portandosi il pugno al capo, la mossa caratteristica del suo personaggio nel drama.
Aiba scoppiò a ridere “Così non va bene! Dovevi stare attento, Kura-chan!”
Strabuzzò gli occhi, guardando l’altro, il quale era tutto preso a sistemare le scatole di gelato sul tavolo, come se non avesse detto nulla di strano.
“K-Kura cosa?” balbettò.
“Kura-chan” ripetè Aiba, sollevando lo sguardo su di lui “Ho pensato che Ohkura-kun fosse troppo formale, e allora... ho esagerato di nuovo, vero?”
Lo stava di nuovo guardando con quell’aria preoccupata, come se davvero fosse lui il kohai ansioso di fare buona impressione, e Ohkura si affrettò a tranquillizzarlo.
“No, no, mi piace!” esclamò “Nessuno mi ha mai chiamato così...” aggiunse a voce più bassa.
Poi, volendo porre fine a quella situazione –per lui- imbarazzante, intimò al senpai di mangiare, prendendo anche lui un cucchiaio in mano.
Osservò Aiba che si concentrava nello scegliere da quale gusto cominciare e, di nuovo, sentì il cuore battergli più rapidamente, come quella volta in macchina; aveva anche caldo, il dolore alla gengive che sembrava un ricordo lontano, sostituito dal capogiro.
L’avere Aiba Masaki seduto nel suo salotto che mangiava allegramente del gelato gli faceva uno strano effetto; da un lato voleva andare a nascondersi in camera sua e non uscirne più, dall’altro non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Si sorprese a pensare che Aiba era bello. solitamente, quando lo vedeva sul lavoro, era un individuo carino e gentile con tutti, che il più delle volte faceva una gran tenerezza; ma così, con un paio di semplici jeans e una felpa leggera, era bello.
Era... un uomo.
Si affrettò a prendere una grande cucchiaiata di gelato al limone: si sentiva bruciare.

Non è che non fosse abituato alle persone strane: erano circa 10 anni che lavorava insieme a perfetti esemplari della categoria.
Il problema era che Aiba era strano in un modo diverso: spesso era carino quanto e più di Yasu e aveva quella gentilezza disinteressata e incosciente che aveva anche Maru. Ma non era solo quello. Aveva sempre di che complimentarsi con gli altri e non spendeva mai una buona parola per sé –e, quando lo faceva, scherzava. Era distratto, e allo stesso tempo maturo.
Forse capiva cosa intendevano le fan degli Arashi, e gli stessi membri del gruppo, quando dicevano che Aiba era come un sole. Perché lui illuminava ciò che lo circondava e faceva stare bene gli altri senza fare nulla di speciale e senza nemmeno rendersene conto.
Ohkura non aveva mai incontrato una persona così.
E per quanto Aiba fosse sempre gentile ed affabile, nei suoi riguardi, lo vedeva più distante che mai. Perché sapeva bene che lui, agli occhi del senpai, non doveva apparire come particolarmente speciale; mentre per Ohkura quell’esperienza sarebbe diventata un ricordo indelebile, per Aiba forse non era così importante: l’aver conosciuto il kohai –uno dei tanti- non gli aveva fatto chissà quale impressione.
Non che fosse convinto di non valere nulla, per lui. Semplicemente, si percepivano l’un l’altro in modo completamente diverso.
Sarebbe stato più semplice se fosse riuscito ad evitarlo e a stare con lui il meno possibile; ma era quel genere di persona che tendeva ad attaccarsi a ciò che voleva, per paura che gli altri si potessero avvicinare ad essa.
E infatti, durante la registrazione della penultima puntata del drama, l’aveva finita per fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare; ormai era solito aggiungere del suo al personaggio di Ishizu, ma quella volta aveva, inconsciamente, esagerato un po’.
Dovevano girare la scena in cui Yoshitaro parlava al cellulare e Ishizu, da buon collega molesto, gli si incollava per origliare. Si piantò in faccia l’espressione da ‘Ishizu curioso come una scimmia’ e appoggiò la testa contro quella di Aiba, l’orecchio vicino al cellulare. Non appena entrò in contatto con il copro dell’altro, rabbrividì nonostante la temperatura tropicale del set. L’ultima volta che era stato così vicino ad Aiba era stato durante le riprese del primo episodio, quando aveva dovuto trascinarlo su per una rampa di scale, ma da allora era passato parecchio tempo e... era diverso.
La sua intenzione era quella di posare la mano destra sul gomito dell’altro, perché Ishizu, quando si incollava a qualcuno, lo faceva per bene; tuttavia, preso dall’euforia del momento, face scivolare lentamente la mano verso l’alto, partendo dalla vita di Aiba fino ad arrivare al suo gomito. Piano, facendo un po’ di pressione, in maniera quasi lasciva. Cercò di non far trasparire sul volto l’eccitazione provata quando percepì, sotto il tessuto pesante della giacca, il corpo del senpai.
Una volta terminata la scena, dovette sedersi in una zona fresca: la testa gli girava vorticosamente. Non aveva idea di cosa gli fosse preso. Sapeva solo che , mentre la sua mano scivolava, non desiderava altro che il senpai notasse il suo gesto. Che riconoscesse la sua esistenza.
Alzò lo sguardo per posarlo su Aiba che grattava il pancino di Shushu.
“Aiba-kun!” esclamò, prima di pentirsene “Hai da fare, stasera?”

Con la scusa di rendergli la cena dell’altra volta e di ringraziarlo per il regalo di compleanno, era riuscito a portare il senpai fuori a cena, anche se, alla fine, questo gli impedì comunque di offrire.
Ancora una volta potè sperimentare quanto la compagnia del ragazzo fosse piacevole; parlarono di ogni cosa, e, a differenza della volta precedente, bevvero parecchio; in un istante di follia, Ohkura si chiese se fossero vere, le voci secondo cui Aiba, da ubriaco, diventava ancora più affettuoso. Di sicuro era adorabile, seduto accanto a lui e con la testa appoggiata al muro.
“Sai, oggi ho sentito il regista dire che era davvero soddisfatto di te” disse Aiba ad un certo punto “Ha detto che hai stravolto il personaggio di Ishizu!”
“Non mi suona tanto come un complimento...”
Aiba scosse la testa “L’hai migliorato. Solo i bravi attori riescono ad osare e a far andare comunque bene le cose. Dovresti essere fiero di te!”
Ohkura abbassò lo sguardo sul piatto, imbarazzato. Aveva passato molto tempo a pensare a come poter rendere più particolare il suo personaggio, e sentire che Aiba l’aveva notato –l’aveva notato anche il regista, ma in quel momento non lo considerava rilevante- e pensava fosse stato bravo, lo rendeva immensamente felice.
“Anche tu sei stato molto bravo” disse, cercando di distogliere l’attenzione da sé. Con sua sorpresa, l’altro ridacchiò.
“Io? Io sono solo un attore mediocre... anzi, non posso nemmeno essere definito attore!”
“Non è vero!” disse, alzando un po’ la voce. Aiba lo guardò sorpreso “Non... non è così, sei stato davvero bravo. E poi eri perfetto per il ruolo di Yoshitaro, nessun altro a parte te avrebbe potuto farlo, senpai”
“Stai dicendo che sono sciocco e complessato?” ridacchiò, evidentemente in imbarazzo.
“Sto dicendo che sei una persona gentile” ribattè, senza pensarci troppo su. Dopo un attimo di esitazione, sul volto del senpai comparve un sorriso e il suo sguardo si fece più dolce del solito.
“Anche Kura-chan è gentile”
A posteriori, sapeva che non avrebbe dovuto farlo: il risultato finale non sarebbe cambiato comunque, ma almeno non si sarebbe reso ridicolo. Ovviamente le sue intenzioni, quando aveva invitato l’altro a cena, erano di arrivare a quel punto, presto o tardi, ma in modo più... graduale.
Invece allungò il braccio per afferrare la nuca di Aiba e premere rapidamente le labbra sulle sue; lo sentì sussultare, sorpreso, e poi restare immobile. La sua mente era del tutto annebbiata; era addirittura meglio di quando avevano girato quella scena la mattina. Le labbra di Aiba erano morbide, poteva sentire il suo profumo e la morbidezza dei suoi capelli lisci fra le dita. Pensò che avrebbe voluto toccare quei capelli per sempre.
Frustrato dall’immobilità dell’altro, e desideroso di avere di più, premette le loro teste l’una contro l’altra, iniziando a muovere le labbra.Solo quando iniziò a fare pressione con la lingua, due mani si posarono sul suo petto, allontanandolo con delicatezza.
Il vedere la faccia dell’uomo di fronte a lui lo fece finalmente svegliare da quella sorta di trance in cui era caduto.
Merda. Merda merda merda merda.
Non voleva che andasse così. Aveva deciso di parlare, prima, parlare molto, fino a stordirlo. Come se le sue parole avrebbero potuto cambiare la realtà. Come se avrebbe potuto persuaderlo, in qualche modo. In ogni caso, non avrebbe dovuto fare una cosa così stupida.
“Io... Aiba-kun, mi dispiace” balbettò, il volto incandescente “Non volevo... cioè, sì, volevo, ma... non così. Io...”
“Non c’è problema, stai tranquillo” rispose piano Aiba. Ohkura lo guardò, ma se ne pentì immediatamente: sul volto del senpai, lo stupore per essere stato baciato all’improvviso era stato presto sostituito da un’espressione triste. Come se stesse per fare qualcosa che non gli piaceva,
“Ohkura, io...”
Distolse lo sguardo. Non voleva sentire.
“Non c’è problema” ripetè le parole che Aiba gli aveva rivolto pochi istanti prima “Davvero. E’... è ovvio, no? Sono stato stupido a pensare una cosa del genere”
Sentì Aiba mormorare “Non sei stupido...” ma sapeva che non era così. Non era altro che un ragazzino. Uno sciocco, ingenuo, frivolo ragazzino che si era preso una cotta per il senpai gentile. Altro che ventisettenne. Era ovvio che sarebbe andata a finire così.
La sua mano destra venne coperta e stretta da quella più piccola di Aiba, e udì di nuovo quel tono gentile che tanto gli piaceva. Solo che, questa volta, era velato di tristezza.
“Mi dispiace. Mi... mi dispiace tanto” mormorò.
Ohkura scosse la testa, perché, davvero, non era colpa sua, e si accorse solo in quel momento delle lacrime che gli rigavano il volto. Non c’era verso di fermarle, quindi non ci provò nemmeno. Restò lì, stringendo la mano del senpai, senza singhiozzare, ma lasciando che le lacrime scendessero.

Fu una fortuna che mancasse poco alla fine delle riprese.
Ohkura faticava a ricordare un’altra occasione in cui aveva lavorato sentendosi così a disagio: si sentiva uno stupido, e il fatto che Aiba non avesse minimamente cambiato atteggiamento nei suoi riguardi non faceva altro che peggiorare la sua situazione.
In realtà, non si sentiva triste. Perché in fondo al cuore aveva sempre saputo di non avere possibilità. Più che altro, si sentiva un idiota per essersi comportato in quel modo.
Non seppe che atteggiamento adottare quando, alla fine delle riprese, Aiba gli si avvicinò con un mazzo di fiori in mano; il senpai sorrideva, ma, per la prima volta da quella maledetta sera, Ohkura scorse dell’altro, nei suoi occhi, come se cercasse ancora di chiedergli scusa. Scosse la testa impercettibilmente, di modo che solo lui lo notasse, e ricambiò il sorriso prendendo i fiori.
“Partecipare a questo drama è stato un onore” iniziò il breve discorso di circostanza che si era preparato “Credo che questi tre mesi in cui sono stato circondato da questi ottimi professionisti mi abbiano fatto crescere molto. Grazie infinite a tutti” terminò con un inchino, ma poi ci ripensò, e aggiunse “E sono anche contento perché ho potuto conoscere meglio Aiba-kun. E’... è una persona meravigliosa che non ha fatto altro che sopportarmi, ed è sempre stato gentile con me. Grazie di tutto, senpai”
E si inchinò nuovamente. L’altro lo guardò interdetto per un attimo, poi si sciolse in un sorriso e si inchinò a sua volta.

Sospirò entrando nel camerino vuoto.
Non aveva in programma di dire quelle cose, ma alla fine aveva deciso di seguire l’istinto e fare come si sentiva. Anche se erano poche e insignificanti parole, gliele doveva. Gli aveva causato così tanti fastidi...
Si girò quando la porta si aprì ed entrò l’oggetto dei suoi pensieri, il quale la richiuse subito e posò un enorme mazzo di fiori sul tavolo; doveva aver appena girato la sua ultima scena.
“Scusa se me ne sono andato via prima” mormorò indicando con un cenno del capo il bouquet.
Aiba scosse la testa “Hai dette delle cose molto belle, prima. Ti ringrazio... non me le merito” aggiunse chinando il capo.
Ohkura sospirò di nuovo: come pensava, Aiba si sentiva in colpa. Che stupido. Stava per dirgli che non doveva più preoccuparsi per lui, quando l’altro parlò di nuovo, agitando il cellulare davanti alla faccia.
“Non ci siamo ancora scambiati gli indirizzi email”
“Eh?”
“Cpsì potrò ricordarti che mi devi una cena!” sorrise, e Ohkura sentì di nuovo il cuore impazzire.
“Pensavo... pensavo che non avresti voluto più frequentarmi, dopo...”
“Senti” lo interruppe Aiba avvicinandosi “Non posso ricambiare i tuoi sentimenti” disse con sincerità, guardandolo negli occhi “Però... questi tre mesi sono stati belli. Sono davvero contento di aver lavorato con te e di averti conosciuto meglio”
Deglutì, non sapendo cosa dire. Era più difficile superare quell’infatuazione, se Aiba si comportava così, ma, allo stesso tempo, non voleva che smettesse.
“Oh, naturalmente se tu non vuoi più vedermi ti capisco e...”
“Posso abbracciarti?” lo interruppe, e l’altro lo guardò sorpreso “Non preoccuparti, non fraintenderò” aggiunse “Però, solo... solo per questa volta”
Aiba annuì piano. Allungò le braccia fino a circondarlo e lo spinse contro di sé fino a far aderire i loro corpi; per un attimo, trovandosi il volto di Aiba a pochi centimetri dal suo, fu tentato di baciarlo di nuovo, ma si trattenne, abbassando il capo per poggiarlo sulla spalla dell’altro. Inspirò profondamente e strinse la presa quando Aiba posò le mani sulla sua schiena, abbracciandolo a sua volta.
Era bello. Anche meglio di quando l’aveva baciato. Perché, questa volta, Aiba stava ricambiando.
Sapeva che adesso sarebbe stato ancora più difficile dimenticarlo e lasciarlo perdere, ma... andava bene così. Non voleva davvero farlo. Gli andava bene continuare a vivere con quella cotta non corrisposta.
Mi piaci da morire, non c’è verso che questo possa cambiare, pensò, abbracciandolo più stretto.


Note finali: Io e i titoli. Io e i finali. o.o
Alla fine, questa prima AibaKura (sì, avete letto bene, prima. Ne ho altre in mente. Mi dispiace) è più che altro un'ode ad Aiba o.o
Spero che sia andata abbastanza bene... non so. Ma mi sono divertita immensamente, a scriverla, e ho fangirleggiato non poco: mettere insieme i due ichiban... non lo avrei mai sperato, e invece... beh, ma in questi mesi avete letto i miei deliri su questi due, quindi ve lo potete immaginare ^^
AH! La sacra scena di Ishizu che palpeggia Yoshitaro è questa *____*


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